Un disco che custodisco come l'arca dell'alleanza è “Tilt” del ’95 di Scott Walker.
Artista americano che, ho scoperto proprio adesso, è morto a marzo di quest’anno. Scott Walker è stato un genio nascosto, vittima della sua stessa misantropia e dei suoi umori balzani. Ha scritto canzoni d'amore geniali e poi è sprofondato in un minimalismo angosciante e sordo come con l’album “Tilt” un'opera a dir poco straniante e mostruosa, dove le ossessioni di un ex alcoolizzato si stendono su un tappeto di elettronica o note appena accennate. Un album che potrebbe sembrare il parto di un David Sylvian che, finalmente, ha imparato a cagare fuori dal vasetto; un'orgia di sentimenti negativi che prende tutte le Elizabeth Vajagic e i Nick Cave, suo fan dichiarato, scacciandoli a casa a bere latte e menta.
Ogni volta che ascolto questo album poi, alla notte, ho gli incubi. Capolavoro nero, uno dei dischi che porterò con me all'inferno.
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